Accesso vietato ai documenti di Italia.it: una sconfitta per la legge Stanca?

di Lorenzo Spallino – www.webimpossibile.net

L’appello di Scandaloitaliano affinché fossero resi pubblici i documenti di gara relativi alla realizzazione del portale Italia.it è stato respinto dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. La motivazione addotta dalla Commissione pone una seria ipoteca sulla possibilità di una analisi obiettiva del livello di attuazione della legge sulla accessibilità informatica, nella misura in cui impedisce verificare il rispetto dell’articolo 4, che sanziona con la nullità i contratti che non prevedano il rispetto dei ventidue requisiti tecnici.

4 gennaio 2004: nasce la legge Stanca

«È una legge di grande civiltà e il pieno consenso che si è realizzato su di essa onora il Parlamento».

Con queste parole il ministro per l’Innovazione e le Tecnologie Lucio Stanca annunciò l’approvazione della legge italiana sull’accessibilità informatica, da allora universalmente nota come legge Stanca.

Ci volle poco più di un anno e mezzo per rilasciare le disposizioni attuative, ma a luglio del 2005, con l’emanazione prima del regolamento attuativo (decreto del Presidente della Repubblica, 1.3.2005, n. 75) e poi dei requisiti tecnici (decreto ministeriale 8.7.2005), il quadro venne completato.

Se è vero che tra i commentatori, per lo più entusiasti, non mancarono gli scettici, è innegabile che la legge 4/2004 pose l’Italia all’avanguardia rispetto ad altre nazioni, dotandola di uno strumento legislativo pensato per affrontare il tema della accessibilità informatica. L’errore fu di ritenere, sulla scorta delle premesse della legge (articolo 1, comma 2), che lo strumento fosse pensato (anche)

per tutelare il diritto degli utenti con disabilità a fruire degli strumenti informatici e, in particolare, di Internet, senza subire discriminazioni rispetto ai così detti normodotati [Michele Diodati, Accessibilità – Guida completa, Apogeo, Milano, 2007, p. 541]

Così non era: discussioni e interventi hanno dimostrato che l’intenzione del legislatore era un’altra, ossia quella di dotare il sistema di un impianto che regolasse il tema dell’accessibilità informatica a livello di pubblica amministrazione, mirando più a inoculare nel sistema la coscienza del problema che non a tutelare diritti dei singoli.

L'”affaire” Italia.it

Abbiamo già avuto occasione di analizzare il caso, di dimensioni economiche molto modeste, in cui la violazione della legge Stanca era palese sia sotto il profilo sostanziale (il sito era inaccessibile) sia sotto il profilo formale (il contratto non prevedeva il rispetto delle legge) [nota 1].

Nonostante l’evidenza dei fatti nulla è successo: nessun procedimento disciplinare è stato avviato, nessun contratto è stato dichiarato nullo, nessuna restituzione delle somme versate è stata richiesta, il sito è rimasto inaccessibile.

Ma come, la legge non era stata indicata come un esempio da seguire nell’ambito di un vertice tra Europa e Stati Uniti sulla Disabilità [nota 2] ? E non era stata riconosciuta dall’OCSE tra le “best practices” di livello mondiale [nota 3]? Se non si riesce a porre rimedio a un contratto da cinquemila euro, figurarsi uno da più di dieci milioni, all’interno di un progetto con un budget di quarantacinque milioni poi lievitati a cinquantotto [nota 4]. Parliamo, ovviamente di Italia.it, il portale del turismo italiano guadagnatosi l’onore dei quotidiani per l’imbarazzante inadeguatezza rispetto alle aspettative che simili somme giustificano.

L’istanza di Scandaloitaliano

Di fronte all’imponenza delle somme in gioco e forse anche nella speranza di vedere applicata la sanzione della nullità prevista dall’articolo 4 della legge Stanca per l’ipotesi in cui il contratto non preveda il rispetto dei requisiti tecnici in materia di accessibilità, il 2 aprile 2007 Scandaloitaliano, forte di 1.500 firme raccolte on line, ha chiesto al Presidente del Consiglio Romano Prodi, al Vice-Presidente del Consiglio Francesco Rutelli e al Ministro per l’ Innovazione e le Tecnologie Luigi Nicolais, la pubblicazione su di un sito istituzionale e/o, in subordine, l’accesso ad alcuni atti di gara del progetto “Scegli Italia” ed in particolare del portale http://www.italia.it.

L’amministrazione dello Stato ha prima comunicato l’avvio del procedimento amministrativo finalizzato all’esame dell’istanza e poi, il 10 luglio 2007, fatto pervenire la risposta negativa. Nei confronti di questa Scandaloitaliano ha proposto ricorso avanti la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il 17 settembre la Commissione ha respinto il ricorso, dandone notizia il 27 settembre 2007 allo studio legale presso il quale Scandaloitaliano si era domiciliato [nota 5].

Il diniego opposto dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi

La Commissione non entra nel merito se i documenti richiesti siano, o meno, pubblici. Per quanto la circostanza non sia di poco conto, essa sembra dare per scontata la risposta positiva. Il problema è che, per la Commissione, i documenti sono pubblici ma non rilasciabili, quantomeno a Scandaloitaliano.

La Commissione ritiene infatti che il ricorso sia infondato (meglio, inammissibile) in quanto Scandaitaliano non è titolare di alcun ^diritto^ (ma sarebbe più corretto parlare di ^interesse^) ad accedere alla documentazione in questione. Crediamo sia importante comprendere per quale motivo il ricorso sia stato bocciato, perchè esso ci permette di comprendere una delle ragioni delle difficoltà di applicazione della legge Stanca in Italia, dove, a distanza di due anni dall’entrata in vigore delle disposizioni attuative, contiamo solo 88 siti che si dichiarano conformi [nota 6].

Ricorda anzitutto la Commissione che:

[…] il diritto di accesso, riconosciuto dall’art. 22 1. 7 agosto 1990 n. 241, non configura una sorta di azione popolare diretta a consentire un generalizzato controllo dell’attività della Pubblica Amministrazione, ma deve correlarsi ad un interesse qualificato che giustifichi la cognizione di determinati documenti.

Basterebbe questo accenno per comprendere il tono generale dell’atteggiamento della Commissione, nella cui formalmente corretta applicazione del dettato normativo è difficile non leggere la strenua difesa delle prerogative dell’amministrazione dello Stato. Tale interesse, continua la Commissione,

[…] deve essere attuale, con riferimento alla richiesta di accesso ai documenti; diretto, ossia personale, cioè deve appartenere alla sfera dell’interessato; concreto, con riferimento alla necessità di un collegamento tra il soggetto ed un bene della vita coinvolto dall’atto o documento […], serio, ossia meritevole e non emulativo (cioè fatto valere allo scopo di recare molestia o nocumento) e adeguatamente motivato, con riferimento alle ragioni che vanno esposte nella domanda di accesso.

Insomma, chiosa il documento:

Il concetto di interesse giuridicamente rilevante non è tale da consentire a chiunque l’accesso agli atti amministrativi; il diritto di accesso ai documenti amministrativi non si atteggia come una sorta di azione popolare diretta a consentire una sorta di controllo generalizzato sull’Amministrazione, giacché da un lato l’interesse che legittima ciascun soggetto all’istanza, da accertare caso per caso, deve essere personale e concreto e ricollegabile al soggetto stesso da uno specifico nesso, e dall’altro la documentazione richiesta deve essere direttamente riferibile a tale interesse oltre che individuata o ben individuabile.

Riferibilità che, nel caso di specie, non sarebbe dato rilevare. Neppure, conclude la Commissione, il generico richiamo ad “un interesse collettivo alla massima trasparenza” formulato da Scandaloitaliano giustificherebbe il rilascio della documentazione richiesta (il grassetto è nostro)

nascondendo e configurando, in realtà un vero e proprio controllo sull’operato e sull’agire della pubblica amministrazione, espressamente non condiviso dalla giurisprudenza maggioritaria,

e comunque escluso dall’articolo 24 della legge 241/1990.

I riflessi verso la legge Stanca

Al di là del tono tra il didattico e il risentito, la risposta della Commissione fornisce un’utile indicazione per tutti coloro che si volessero meritoriamente applicare a misurare l’applicazione della legge Stanca, anzitutto richiedendo la copia dei contratti per poter verificare se l’obbligo di prevedere il rispetto dei ventidue requisiti è stato rispettato (articolo 4). Ossia che

il principio della trasparenza amministrativa accolto dal nostro ordinamento non è affatto assoluto e incondizionato, ma subisce alcuni temperamenti, basati, fra l’altro, sulla limitazione dei soggetti attivi del diritto di accesso. La posizione legittimante l’accesso è costituita da una situazione giuridicamente rilevante e dal collegamento qualificato tra questa posizione sostanziale e la documentazione di cui si pretende la conoscenza.

La Commissione ha ragione: come per la legge Stanca, le aspettative generate dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, in tema di accesso ai documenti amministrativi sono state in parte frustrate. La legge non dice(va) infatti che i documenti delle pubbliche amministrazioni sono, in quanto ^pubblici^, accessibili a chiunque, ma che

al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalità stabilite dalla presente legge (articolo 25).

A chiudere le porte a qualsiasi interpretazione in qualche modo estensiva ci hanno pensato le modifiche apportate alla legge nel 2005 (legge 11 febbraio 2005, n. 15) e il secondo regolamento attuativo della legge 241 (decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 184). Se il nuovo testo dell’articolo 22 afferma che

tutti i documenti amministrativi sono accessibili (comma 3)

sta di fatto che dalla formula “chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti” del vecchio testo, si è passati alla necessità di dimostrare di avere

un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso (articolo 22, comma 1, lettera b, l. 241/1990; articolo 2 D.P.R. 184/2006).

Lo scarto è solare. Per assurdo, un soggetto con deficit visivi non potrebbe chiedere copia del contratto diretto alla realizzazione di un sito internet se il sito presenta, ad esempio, dati audio resi con modalità non accessibili, non essendo riscontrabile una menomazione nell’utilizzo del sito rispetto alla specifica disabilità.

I riflessi verso una politica di verifica della legge sono di immediata comprensione: un’università, per fare un esempio, non potrebbe chiedere a delle amministrazioni campione copia dei contratti diretti alla realizzazione di siti, non essendo titolare di alcun interesse giuridicamente tutelato ad ottenerli.

L’istanza di Scandaloitaliano: un attentato di lesa maestà?

Rileggendo il diniego opposto alla richiesta di Scandaloitaliano resta il sospetto che l’estensore del testo sia stato mosso dalla convinzione che il fatto di richiedere che fossero resi pubblici documenti di una simile portata economica e, soprattutto, connessi a realtà che agiscono su incarico diretto della Presidenza del Consiglio, concretizzasse un attentato di lesa maestà, o crimen maiestatis secondo la locuzione latina.

L’espressione deriva dalla lex Iulia maiestatis, emanata nell’8 a.C. su impulso dell’imperatore Augusto, il quale riordinò l’intera materia del crimine di lesa maestà. Ossia di qualunque offesa o minaccia arrecata alla figura dell’imperatore e quindi alla sua auctoritas: oltraggio alla memoria degli imperatori defunti, oltraggio a statue o altre immagini imperiali, uccisione di ostaggi, attività mirate a promuovere iniziative di guerra senza l’ordine dell’imperatore, rifiuto di riconoscere l’imperatore come divinità.

Il sospetto che si sia voluti essere più realisti del re è confermato dal fatto che l’istanza di Scandaloitaliano chiedeva solo in alternativa di ricevere i documenti in formato elettronico richiesti nella petizione, perchè in via principale chiedeva più semplicemente che gli stessi fossero, come atto di responsabilità e di etica civile, messi “a disposizione su di un sito istituzionale”. Ma tant’è: l’esito dell’istanza, pur se correttamente qualificata, sarebbe stato con ogni probabilità il medesimo.

La posizione della Commissione: un arrocco antistorico

Senza andare oltre oceano, dove dal 1966 vige il Freedom of Information ACT (FOIA) che obbliga tutte le agenzie governative degli Stati Uniti d’America a predisporre gli strumenti per l’accesso dei cittadini a tutte le informazioni disponibili, vale forse la pena sapere che alcuni europarlamentari svedesi hanno condotto e stanno conducendo un’iniziativa per estendere alla comunità europea la legislazione svedese in materia di accesso agli atti amministrativi, il cui Freedom of the Press Act recita [nota 7]:

Every Swedish citizen shall be entitled to have free access to official documents, in order to encourage the free exchange of opinion and the availability of comprehensive information (articolo 1).

Così, mentre in Svezia ogni cittadino ha diritto di avere libero accesso ai documenti ufficiali che non siano espressamente catalogati come riservati, in Italia, come abbiamo visto, non esiste un diritto di accesso generalizzato, bensì il diritto dei soli soggetti giuridicamente interessati di prendere visione e di estrarre copia dei documenti amministrativi verso cui abbiano un interesse diretto, concreto e attuale. Lo scarto tra le due legislazioni non va misurato sul dato dell’accesso, generalizzato o meno, quanto sulle finalità per le quali l’accesso è dato. Se per il legislatore italiano, l’accesso ai documenti amministrativi

costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza (articolo 22, comma 2, legge 241/1990)

per il legislatore svedese, il diritto dei suoi cittadini di avere libero accesso ai documenti ufficiali è dato (la traduzione è nostra)

allo scopo di favorire il libero scambio di opinioni e la disponibilità di un’informazione esaustiva.

Crediamo non ci sia bisogno di commento. Per inciso, l’iniziativa svedese nel 2001 ha – sia pure tra la fattiva opposizione di molti stati membri – raggiunto l’obiettivo dell’approvazione, da parte del Parlamento europeo, di un accordo sull’accesso del pubblico ai documenti, frutto di un compromesso tra Parlamento, Commissione e Consiglio. L’accordo fra le tre Istituzioni fa sì che tutti i cittadini dell’Unione possano avere accesso ai documenti dell’Unione, tranne che per alcune eccezioni chiaramente definite [nota 8].

Conclusioni

Tra queste difficoltà muove i suoi passi la legge Stanca. Se addossarle compiti che non le sono propri non serve allo scopo ed è anzi controproducente, stupisce leggere nel comportamento delle alte amministrazioni una così strenua difesa delle prerogative del sistema, dannosa nella misura in cui fornisce alle amministrazioni locali un autorevole spunto per bloccare sul nascere qualsiasi azione finalizzata a verificare sul campo l’applicazione della legge.

Ma le cose cambiano. Anche a voler ignorare l’inarrestabile evoluzione della normativa comunitaria, vale infatti la pena ricordare il caso dello scontro tra Governo e Regione Toscana sullo Statuto da questa adottato nel 2004, risoltosi con una perentoria affermazione della Corte Costituzionale a favore del libero accesso ai documenti amministrativi. Il Governo impugnò lo Statuto davanti alla Corte lamentando, tra le altre cose, il fatto che l’art. 54, commi 1 e 3, prevedesse il diritto di accesso ai documenti amministrativi regionali senza obbligo di motivazione: secondo il Governo la norma violava, tra gli altri, “il principio di buon andamento dell’Amministrazione”. La Corte respinse il ricorso (sentenza del 2 dicembre 2004 n. 372), affermando che

la disposizione che stabilisce il diritto di accesso, senza obbligo di motivazione, ai documenti amministrativi si conforma al principio costituzionale di imparzialità e di trasparenza dell’azione amministrativa ed è altresì del tutto coerente con l’evoluzione del diritto comunitario.

L’atteggiamento della Corte fu di grande lungimiranza. Per questo siamo convinti che la motivazione opposta dalla Commissione alla richiesta di Scandaloitaliano sia, a prescindere dalla sua correttezza formale, del tutto antistorica, espressione com’è di un atteggiamento miope prima che ignaro dell’evoluzione del diritto amministrativo.

Ammoniva Eugenio Montale che “La storia non è prodotta / da chi la pensa e neppure / da chi l’ignora. / La storia non si fa strada, si ostina, / detesta il poco a poco, non procede / né recede, si sposta di binario / e la sua direzione / non è nell’orario”.

Quanta amarezza nel leggere nella decisione della Commissione una sconfitta delle istituzioni, più che della legge Stanca. Inizio articolo

Note al testo
Nota 1:
Nota 2:
Nota 3:
Nota 4:
Nota 5:
Nota 6:
Nota 7:
Nota 8:

21 comments so far

  1. aghost on

    discettare, in punta di diritto e di fioretto, con gli arzigogoli della burocrazia italiana è una perdita di tempo. Tanto avranno sempre ragione loro. Osservo che è ridicola questa “resistenza” per fornire i documenti di un appalto per un sito web, neanche fossero segreti militari o nucleari.

    Quella roba dovrebbe essere tutta pubblica, senza se e senza ma.

  2. Luca Carlucci on

    Ridicola, ma estremamente funzionale ed efficace, visto che si fa forza della legge. Dunque, per cambiare le cose, o vai sotto i palazzi del potere con torce o forconi, oppure provi a sollevare il problema e a creare opinione a questo proposito. L’articolo di Lorenzo, che non è una perdita di tempo, opta per la seconda via :)

  3. aghost on

    propendo per torce e forconi :D

  4. aghost on

    ma a d’ambra hanno poi risposto?

  5. aghost on

    “i documenti sono pubblici ma non rilasciabili”, somiglia alle convergenze parallele :(

  6. frap1964 on

    italia.it: una sconfitta per la legge Stanca?


    Mentre il legislatore italiano sente la necessità di tutelare l’imparzialità e la trasparenza della PA attraverso un possibile eventuale controllo, ma limitato solo ai “diretti interessati”, il legislatore svedese la dà sostanzialmente per scontata e considera l’accesso ai documenti come un diritto di ciascun cittadino ad essere liberamente ed esaustivamente informato.
    Esattamente ciò che scandaloitaliano ha chiesto e sostenuto con la sua lettera.

    “Senza citare leggi e provvedimenti, che pure garantiscono pieno diritto di accesso a documenti pubblici, in qualità di cittadini appassionati e scrupolosi Vi chiediamo, come semplice atto di responsabilità e di etica civile, di mettere a disposizione su di un sito istituzionale o di far pervenire al seguente indirizzo di posta elettronica…”

    La visione borbonica ed antistorica della nostra amministrazione, tutta arroccata in sè stessa in una ridicola difesa delle proprie prerogative, palesa ed espone la doppia faccia di una politica incapace di imporsi e di decidere; da una parte proclami, direttive e firma di protocolli vari e diversi; dall’altra la triste e miserabile realtà: tutela degli interessi di parte, anche a totale discapito della collettività.

  7. […] In pieno accordo con l’autore il pezzo è pubblicato integralmente anche qui sotto (e su scandaloitaliano). […]

  8. frap1964 on

    Siamo all’assurdo che:
    – i documenti della gara in cui è confluito il portale italia.it sono pubblicati e quelli di italia.it sono invece impubblicabili;
    – se si trattasse di una gara della regione Toscana, quei documenti sarebbero accessibili senza obbligo di motivazione, mentre in ambito nazionale no;
    – se si trattasse di documenti attinenti a questioni ambientali, quei documenti sarebbero accessibili senza obbligo di motivazione su tutto il territorio nazionale, mentre in altri ambiti no;

    Di tutto questo comunque bisogna ringraziare il grande coraggio del sodale di Prodi, E. Letta, quello che “il solo modo per evitare l’effetto calderone è la chiarezza e la trasparenza”. Il nuovo che avanza, secondo lui; anche secondo me, ma certamente non nel senso che procede.

  9. FussyPenguin on

    Portatelo in Europa.
    Raccogliamo di nuovo le firme e chiediamo l’intervento della commissione europea.

    Visto che se lo chiedono i cittadini, pare non ci sia dovere di fornire una risposta, allora allarghiamo lo scandalo su tutto il continente, facciamolo chiedere da chi non può ricevere un “no” insensato come questo.

    Ciao,

  10. Nicola Mattina on

    Avete pensato di reiterare la richiesta facendola presentare all’associazione dei non vedenti oppure altro organismo che rappresenti delle categorie disagiate e quindi direttamente interessante in quanto portatori di quelle diverse abilità che la legge Stanca intende tutelare?

  11. […] Mentre il movimento Ritalia è fallito miseramente, Scandalo Italiano continua a portare avanti la sua condivisibilissima attività di indagine nei confronti di Italia.it. Ovviamente non senza difficoltà: non ultima quella di non poter accedere alla documentazione di gara e di progetto del sito, che è tenuta ben segreta dal documento e dalle aziende destinatarie della regalia (Ibm e compagniucci). Vale la pena leggere il resoconto e parlarne sempre di più: Accesso vietato ai documenti di Italia.it: una sconfitta per la legge Stanca? […]

  12. frap1964 on

    @FussyPenguin
    Già fatto e hanno risposto che non compete loro:

    italia.it: la commissione europea dice che non è competenza sua

    @Mattina
    Ci vuole un interesse diretto e concreto.
    E comunque ormai è una questione tutta politica. All’associazione risponderebbero comunque: andate sul sito, lì è chiarito cosa è accessibile e cosa no. Ma basta verificare con gli appositi tools e si vede che dichiarano palesemente il falso.
    Ma siccome il collaudo la PA l’ha fatto… va bene così.
    Si è già scritto alla Procura della Repubblica, alla Corte dei Conti, alle Autorità Garanti. Silenzio di tomba. Se non scoppia il casino sull’informazione mainstream, nessuno si muove.

    Triste, ma è così.

  13. aghost on

    ma porcaccia miseria, ad ambra hanno risposto o no? lui ha un’associazione regitrata con validià giuridica… a lui non possono rispondere come a scandalo italiano (perlomeno devono trovare un’altra formula)

  14. […] Spallino ha scritto un articolo che vale più di una puntata di Report, come spesso gli […]

  15. frap1964 on

    @aghost
    Ambra non posta da qualche giorno sul blog.
    Gli ho fatto anch’io la domanda in commento al blog, ma non c’è risposta.
    Ad Ambra rispondono pari pari come a scandaloitaliano, perchè sono stati così poco furbi da fare propria una petizione ed è questo che li frega. Ci sono i precedenti che gli ho già citato in commento sul blog. E comunque basta scrivere che non si è rilevato un interesse qualificato e diretto e saluti. Dopodichè o vai davanti al TAR e speri ti diano ragione (il che non esclude comunque un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato) oppure ciao. Ma poi, anche saltasse fuori che il contratto era effettivamente nullo, è compito del governo far valere la nullità.
    Qui si sono voluti garantire solo gli interessi del RTI a scapito della collettività. La Corte dei Conti, fa finta di non vedere. Poi figurati… di recente hanno pure firmato un protocollo d’intesa col DIT. Lo ha fatto pure l’Alto Commissariato contro la corruzione… per migliorare la trasparenza (sic!), leggiti le news sul sito del governo. E pensi che questi facciano qualcosa di concreto? O scoppia un gran casino sull’info mainstream, oppure non ci sono santi.

    La battaglia per una legge diversa sulla trasparenza sarebbe una cosa intelligente che la blogosfera potrebbe portare avanti, invece delle gran cazzate di cui si posta e discute su certi vip-blog in questo periodo.
    Ma non e’ un argomento cool…

  16. Andrea Martines on

    @frap
    Ho lanciato la sfida per l’adozione del Freedom of Information Act in Italia.
    Vediamo se la blogocosa risponde.
    E vediamo se quelli nel PD che hanno tanto criticato i malpancisti in questi giorni vogliono veramente cambiare qualcosa dal di dentro, o sgomitavano solo per una poltroncina.

  17. jeneregretterien on
  18. Spillolando on

    Su certe cose l’America sta moooooooolto più avanti di noi.

  19. aghost on

    mi ha risposto d’ambra, al quale avevo scritto chiedendogli se gli avevano scritto qualcosa: nessuna risposta! (ma non ci dovrebbe essere la legge 241 che impone la risposta scritta degi enti publici entro 30 g???

  20. mazzetta on

    Oggi Rutelli ha detto che se non si riesce ad aggiustare italia.it è meglio chiuderlo

    zero spaccato sulle responsabilità del fallimento (dichi è la colpa) e sul destino dei fondi (chi si sia intascati i 50erotti milioni di euro).

    Posso testimoniare che grazie al FOIA si possono ottenere documenti un tempo -classificati- o addirittura -segreti- con una semplice richiesta via Internet.

    Ho ricevuto parecchio materiale su Ustica, a casa, stampato, senza nessuna spesa e nel giro di pochi mesi. Ho chiesto suggerimenti e mi hanno indicato le amministrazioni più probabilmente in possesso del -tipo di documenti- da ricercare; l’NSA aiuta i richiedenti nella ricerca e non parliamo di un singolo documento, ma di una massa indistinta di documenti. Alcuni decisamente sgradevoli per l’immagine delle amministrazioni americane.

    Qui da noi anche la normale trasparenza amministrativa diventa una faccenda da tribunali, se un cittadino vuole sapere quanto costa una infrastruttura, nell’interpretazione della legge corrente, deve avere aperto un contenzioso giudiziario relativo alla stessa. Allucinante.

    Questi non hanno la minima idea dei requisiti minimi per potersi dire una democrazia, ormai sono persi…

  21. […] Questo malvezzo di negare indebitamente l’accesso a documenti di gara, nel caso specifico, può anche contare su precedenti illustri. […]


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